Record label: Brilliant Classics
Year of release:2024
Number of tracks:108
Total duration:3h 17m
CDs: 3
Composer: Alfredo Franco (1967)
Extended Linernotes
The following notes are by the author.
01. A bleached september sky
La composizione si articola in una suite di nove brevi episodi, organizzati in maniera speculare attorno al brano centrale, che funge da nucleo dell’intero lavoro.
Il materiale è estremamente scarno, e trova il suo fondamento nell’idea iniziale di cellula tematica idonea a rappresentare uno stato emotivo il cui cielo lattiginoso di fine stagione del titolo è correlativo oggettivo.
All’interno della composizione si alternano momenti di stasi ad altri dall’articolazione quasi febbrile, in particolare, il finale della prima e dell’ultima sezione, formati da un frammento liberamente ripetibile, in dissolvenza, da parte dell’interprete (l’idea, una possibile, se volessimo darne una rappresentazione pittorica, potrebbe essere quella dei celebrati corvi di van Gogh, che dal campo di grano scemano verso un orizzonte indefinito, inconoscibile). Sono altresì presenti un paio di brevi fugati, nel secondo dei quali fa capolino un accenno di citazione vivaldiana, utilizzato come frammento della memoria, persistenza del passato che si riflette nello specchio scuro contemporaneo.
Altrove, l’iniziale cellula tematica viene riutilizzata con una funzione ritmica reiterata, di cui è possibile scovare le ascendenze in certo fraseggiare specifico della musica blues.
02. A night’s tale
Il concetto che ne è alla base è quello del sogno.
La prima sezione, Dreaming, di carattere statico e meditativo, è ulteriormente suddivisa in più parti, che, guardando ai processi alogici di narrazione onirica, presentano oltre al tema iniziale, delle brevi melodie di carattere lirico/melancolico, pronte ad interrompersi prima di giungere ad un possibile sviluppo, per lasciar spazio ad ulteriori suggestioni.
I brevi temi vengono riproposti più volte, anche nella sezione finale, che è una ripresa, condensata e variata della prima.
La sezione centrale, Nightmaring, ha viceversa un carattere fortemente contrastante con la precedente, ritmicamente marcata e ricercatamente percussiva, sardonica nella varietà di figurazioni impiegate nei diversi registri dello strumento.
Sezione tecnicamente intricata che domanda all’interprete la scelta di soluzioni adeguate, e che si chiude con una frenetica accumulazione di frammenti. La parte più perturbante del sogno.
03. A short Elegy
Come suggerisce il titolo si tratta di un breve foglio d’album dal carattere elegiaco.
Nasce da una riflessione sulla forma nella musica romantica, di cui ho voluto replicare un ideale modello, consapevolmente fuori posto nel suo scoperto stile falsamente ottocentesco.
Il crinale su cui muovere tale ricerca è sottilissimo, in fragile bilico.
Nelle due battute conclusive, il tema viene reimpiegato con l’intento di smentire quanto esposto in precedenza, spaesando lo spazio stilistico del brano.
04. Alphabetical portraits
Una circoscritta ed immaginaria galleria di compositori che ho voluto omaggiare attraverso il consueto gioco di corrispondenze tra le lettere del cognome e le note di diversi tipi di scala.
Ho comunque avvertito il desiderio di connotare ogni singolo brano attraverso delle caratteristiche minime, peculiari dello stile del compositore.
Così ad esempio, in “Casella”, il dittico formale spesso impiegato dal musicista con funzione contrastante (un tempo poetico di siciliana a cui segue un tempo mosso), viene concentrato in un unico brano, con l’inserimento, a sorpresa, di un breve frammento di danza binaria all’interno del tema principale.
Oppure, nel brano dedicato a Carlo Mosso, il coinciso tema esplicitamente modale trova una sua inevitabile corrispondenza a livello agogico.
Altrove, come nel caso di Shostakovich, è l’umore, dolente, ad aver determinato il carattere generale del brano attraverso l’impiego di un frammento di scala particolarmente articolato.
Mompou è segretamente evocato nel relativo brano in una frase simmetrica in 5/4.
Sono inoltre presenti alcuni elementi come la melodia accompagnata in Britten (che fa seguito all’iniziale fanfara modale), poi sinteticamente ricapitolata in Martin, che fanno capolino più volte all’interno dell’intero ciclo, legando le figure evocate nei sette brani in una desiderata ideale correlazione.
05. Memories from the Black Lodge –Omaggio a David Lynch
Una domanda di carattere essenzialmente tecnico è alla base della stesura del brano: come evocare nella mente dell’ascoltatore, attraverso il circoscritto giardino sonoro della chitarra, un’atmosfera precedentemente vissuta in un contesto, ed attraverso un mezzo, differenti ed indissolubilmente distanti.
Scommessa vinta, voglio credere, affidando lo strumento ad uno dei suoi caratteri specifici: saper cogliere l’essenza attraverso il suggerimento, il corpo tramite l’ombra…e l’idea che la chitarra, come nessun altro strumento, sia in grado di farsi mezzo per evocare e materializzare anche attraversando territori teoricamente distanti se non addirittura contrari alla sua natura.
Il brano si potrebbe dunque definire, sostanzialmente, come uno studio, un ricercare, sul timbro e sul suo potere immaginifico.
Strutturato in tre sezioni, di cui due si presentano come variazioni della prima, in territori tonali differenti e distanti.
06. Fantasia n.6
La struttura della composizione, fittamente episodica, prevede una serie di citazioni ed omaggi che grazie all’idea di un fantasmatico “filo rosso”, si snoda “attraverso i secoli”, in musica come nelle arti figurative ed in poesia.
Da una “song” cinquecentesca di John Dowland, declinata inizialmente sugli armonici e presentata più volte con molteplici variazioni, alla sintetica citazione di un classico della dark wave britannica di fine anni ’70, strizzando contemporaneamente l’occhio alla lezione di Goffredo Petrassi, qui doppiamente omaggiato nell’uso di un “mandolinato” e di un ricorrente ostinato dal carattere notturno che torna a far sentire la sua disturbante presenza fino alla ricapitolazione finale.
Grande attenzione è riservata all’interprete nel determinare l’agogica degli episodi che danno forma alla composizione nella sua interezza, cosi come l’uso della dinamica.
07. Inezie deliziose
Una collezione di “vetuste cianfrusaglie” che non stonerebbe in un ideale inventario di stampo gozzaniano, piccole cose, inezie appunto.Una serie di “adagi”, brevemente distratti in un paio di piccoli valzer (fragili fogli d’album dimenticati sotto la polvere di qualche scaffale…), il cui principio estetico è quello di rimanere confinati al di sotto della soglia del plausibile, in una sorta di manifesto dell’understatement torinese.
Innocenti istantanee di colori della memoria…
Inevitabilmente, anche in tanta leggerezza poetica, tra dagherrotipi e scorci di villeggiatura, l’ininterrotto bisbiglio della morte non manca di far sentire la propria voce…
Da qui la necessità di chiudere questo ciclo di brevi composizioni con un Andante elegiaco che, al seguito dell’Adagissimo per la partenza di chichessia, strizza l’occhio a Schumann.
08. Fantasia n.7
Una breve Fantasia, un omaggio ai vihuelisti rinascimentali ed alle loro fantasie contrappuntistiche.
Un’introduzione che suona come una dichiarazione d’intenti, una sezione centrale dove le voci si inseguono vicendevolmente, una chiusa dove il materiale presentato in precedenza subisce un processo di improvvisa alterazione, rimescolando a sorpresale carte date.
09. Il flauto nel bosco
Sonatina che prende spunto da un breve racconto di Grazia Deledda, dalle componenti arcaiche e misteriche.
Il lavoro è articolato in tre tempi, senza soluzione di continuità, e fa uso di modelli formali tradizionali, privilegiando un approccio narrativo ma non descrittivo. Da qui l’utilizzo di alcuni procedimenti stilistici ripescati da un passato musicale anche molto lontano (la cadenza di Landini a chiusa dei melismi del flauto nel secondo movimento), particolarmente efficaci nel definire un calco musicale di quegli aspetti naturalistici tipici del paesaggio nuorese.
La notte, il silenzio contrappuntato dalla presenza fugace di un flauto panico, un senso di magico spaesamento sensoriale, una fiaba per adulti in buona sostanza, la persistenza del mito nonostante la quotidiana consuetudine. Spazi e tempi altri, ancora a fondamento di una certa idea di scrivere la musica.
10. Impermanence –Tombeau for Charlie Watts
La cadenza ostinata di un tamburo funebre apre la composizione, annunciando l’omaggio al batterista dei Rolling Stones scomparso nel 2021.
Come già nel mio precedente “Tombeau for David Jones”, in cui avevo voluto rendere omaggio a David Bowie, non è presente in maniera scoperta materiale tematico direttamente riconducibile alla musica della figura celebrata. E’ viceversa nascosto, magari destrutturato, con il proposito di essere riutilizzato diversamente.
Tale legame è qui esercitato grazie al suddetto “funeral drum”, che nella sezione finale della composizione ricompare etereamente trasfigurato dall’uso degli armonici, a sostenere che anche il materico rocknroll può essere guardato da un’angolazione trascendente.
Forse, come recita il titolo, quella dell’impermanenza della condizione umana, che tutti e tutto riguarda.
Nella sezione centrale del brano, una divagante scorribanda su un incessante pedale, attraversa più territori armonici ricercatamente inusuali, per trovare poi il suo momento di pace in un episodio modale dal carattere arcaico ed immoto.
11. La regina delle tenebre – Su un racconto di Grazia Deledda
La figura di Grazia Deledda ritorna a far avvertire la sua presenza in questa composizione, ispirata da un racconto autobiografico dove l’elemento naturale e quello esistenziale si fondono.
I mormorii del paesaggio notturno sono espressi da un contrappunto a due/tre voci che in un ampio e non così tradizionale primo tempo di sonata, conduce ad un secondo episodio lungamente lavorato su un pedale di RE che assume via via diverse funzioni, per poi giungere ad una tumultuosa cavalcata finale dove i due temi inziali vengono rimescolati in vista di una celebrata chiusa.
La natura notturna della chitarra, con la sua inalienabile propensione a dire attraverso il non dire, a non mostrare ma a suggerire, trova in un contrappunto che gioca con gli specchi illusori delle corde a vuoto il suo campo d’azione ideale per stabile un’affinità segreta con la narrazione.
Scuro, oscuro, a tratti inaspettatamente rischiarato dalle scintille di un falò che brucia nel nero della notte.
12. La guitarra callada –Homenatge a Fredric Mompou
Prendendo in prestito parte del titolo di uno dei lavori più significativi del compositore catalano, ho voluto scrivere questa composizione dove cinque brevi episodi ne evocano la figura. Guitarra callada, ovvero silenziosa, apparentemente in contraddizione ma in realtà peculiare dello strumento, anima intima, bisbigliato suggerimento.
Armonia e forma sono volutamente ricalcate su quelle di Mompou, non come tentativo di imitazione ma come possibilità di brumoso ricordo. Della composizione esiste anche una versione per pianoforte intitolata “Evocaciones”. Evocazione della composizione per chitarra precedentemente scritta, che a sua volta evoca la musica già composta da Mompou. Nastri che paralleli slittano e raramente si intersecano.
13. Quaderno di aprile
Scritto quasi di getto, un pezzo al giorno, programmaticamente, nell’inverno del primo lockdown pandemico.Un diario quasi maniacale, costretto tra le mura domestiche, come sguardo inquieto dalla finestra e contemporaneamente tentativo di riflessione. I pezzi, inizialmente presenti in numero maggiore, sono poi stati ridotti al fine di formare un nucleo formalmente coerente.
Ciò che è sopravvissuto alla cernita è diventato un diario di pezzi brevi e brevissimi, il cui carattere oscilla tra una sommessa inquietudine, cercata attraverso l’utilizzo di territori tonali inusuali per lo strumento, ad esempio nel brano di apertura, dove l’intreccio con le corde a vuoto è usato per evocare il lento rintocco di una campana, e repentini sprazzi di luce dal carattere subitamente improvviso, come nel brevissimo quinto pezzo, che segue a sorpresa il brano più lungo dal pedale quasi incessante, sorta di omaggio a suggestioni bachiane (espediente utilizzato nuovamente nel terzultimo pezzo sfruttando l’effetto campanella) …o come una delicata ninna nanna modale, frapposta a due brevi elegie dai colori estremamente scuri.
Il lavoro si chiude in maniera irrisolta, con un punto interrogativo scandito dall’incessante martellare della nota SOL.
14. Mirando un cuadro de Goya
La scrittura di questo pezzo nacque dalla visione del quadro di Goya “Un pavo muerto”, un olio disadorno, dove un tacchino ed un cesto in vimini poggiano su un indistinto fondo nero.
Fantasticando di realizzare una fantasia clavicembalistica (del pezzo scrissi una versione su doppio pentagramma), come evocare e declinare le sensazioni provate allo sguardo, musicalmente? Grazie, pensai, all’utilizzo di un modo particolarmente scuro ed appassionato, culturalmente ed emotivamente affine ai toni ed ai tratti della pittura del grande pittore spagnolo. A differenza del mio consueto tipo di scrittura, sovente suscettibile di inattesi disturbi, mi sono imposto di utilizzare quasi esclusivamente le note della scala modale in diverse combinazioni, e nella sezione centrale del brano ad impiegare le stesse trasformandole in più luminoso modo (per lasciar filtrare un po’ di luce).
Una composizione che presenta anche dei momenti di virtuosismo strumentale piuttosto espliciti, idealmente pensati come possibili derive di un infernale fandango.
15. Isolation
Un capriccio fantastico, con accenti toccatistici, come il “Quaderno di Aprile” scritto durante il primo lockdown. Da cui il titolo, ma non solo. E’ infatti presente nel brano, come cellula tematica su cui sono lavorati svariati episodi, un veloce e ritmicamente efficace frammento che potremmo anche definire “topos”, tanto è comune il suo impiego nei più diversi ambiti musicali.
Mi limiterò a dire che come “luogo comune”, ho espunto, cioè isolato, tale brandello dalla memoria delle mie frequentazioni rockettare (Yes, Joy Division), con lo scopo di farne qualcosa di completamente differente, alieno a qualsiasi tentativo di commistione stilistica. Nel brano sono presenti anche due sezioni in 7/8, dal carattere più mosso, che fungono da momento di stacco repentino e di ulteriore tensione emotiva dai restanti episodi.
Brano che si chiude attraverso un processo di rarefazione del materiale, per accompagnare l’ascoltatore in un ermo spazio.
16. Microsuite
Una breve Suite dal carattere minimalista, volutamente scarna quanto semplice.
Ognuno dei sei brevi movimenti può essere letto come uno studio che affronta alcuni aspetti della tecnica chitarristica nell’ambito della musica contemporanea. Ognuno dei sei brevi movimenti presenta al suo interno qualche stortura, qualche inciampo melodico, metrico, ritmico, armonico…qualcosa atto a dar fastidio al lineare propagarsi del singolo episodio.
Il tutto circoscritto ad un ambito tecnico-meccanico definito, che nella sua essenzialità permette però all’interprete un tipo di intervento estremamente creativo, capace di oltrepassare le consuete modalità di lettura-interpretazione per diventare responsabile di interventi di (ri)scrittura, come nel terzo episodio, uno studio sugli arpeggi in terzine, che viene letteralmente duplicato dall’interprete, con una nuova e variata dichiarazione del materiale.
17. Petite suite mècanique
Un breve trittico per tre chitarristi-compositori di epoche diverse e lontane. De Visèe omaggiato attraverso un frammento bachiano dal Preludio della Suite BWV 997, Llobet guardando al Frontispice raveliano e Brouwer incastonato tra gli intervalli di quarta…gli intervalli della chitarra.
Scrissi il secondo, dedicato a Miguel Llobet, al termine di una mattina convulsa, da qui l’ostinato ossessivo ed incessante, su cui fanno capolino in maniera meccanica, le note delle rimanenti 3 corde a vuoto in varie combinazioni.
L’omaggio, apparentemente fuoriluogo pensando alla musica più conosciuta del chitarrista-compositore catalano, ne vuole invece sottolineare sia l’aspetto formulaico e ripetitivo di alcune pagine, che un momento di allucinata visione tra i fuochi della guerra civile spagnola.
18. Seven Preludes
Scrissi il primo di questi preludi un’abbondante manciata di anni fa, pochi giorni dopo venir dimesso dall’ospedale, a seguito della scoperta di una malattia rara. Un piccolo brano che nella geografia della mia biografia artistica, inevitabilmente ha finito col rappresentare qualcosa di rilevante. Il secondo preludio è invece uno scherzo costruito su un frammento tematico estrapolato dalla Sonata op.15 di Giuliani. Il terzo, con la sua modalità corale, è un ipotetico canto popolare di montagna, disturbato da qualcosa che potrebbe essere un alito di vento, il canto repentino di un uccello, il gorgoglio di in ruscello o, molto più prosaicamente, il tubo di scappamento di un automobile. Un contrappunto a tre voci è l’ossatura del quarto. Il preludio che segue, il quinto, ha un carattere d’improvvisazione, anche se il proposito consisteva nel concentrare una gran quantità di elementi diversi e contrastanti in uno spazio formale ridotto, una di quelle sfide bislacche che a volte mi solleticano. Un po’ come quella alla base del sesto, che vorrebbe essere una sorta di omaggio alle rarefazioni di Webern, che però non riesce a rinunciare a brevi inserti grotteschi…rimembranze e scherzi repentini. Chiude la raccolta una meccanica fanfara modale.
19. Sette aforismi
Raccolta di istantanee volutamente scarne nella scrittura e rarefatte negli esiti sonori.
Un ciclo di dimensioni contenute, organizzato in maniera speculare dove i primi tre pezzi vengono riproposti come ultimi tre con l’impiego di sottili variazioni melodico/armoniche, e che trova nel quarto il proprio cardine (pagina strutturata su una singola frase a cui risponde una brevissima chiusa e che si pone a sua volta come ulteriore rarefazione del materiale musicale).
Anche nei due quadretti dal carattere più mosso, il mio intento rimane quello della levità come modello espressivo, sottolineata dall’indicazione “Leggero”.
Seppur non espressamente intesa come opera dal carattere didattico, la raccolta ne assume il carattere come mezzo di ricerca espressiva incentrato su alcuni aspetti della scrittura per lo strumento, antitetici a quelli comunemente codificati nella forma dello Studio.
20. Sonatina autunnale
Il primo tempo di questa laconica Sonatina presenta due temi dal carattere affine, che si susseguono e rincorrono incessantemente. Facendo ricorso a formule prevalentemente contrappuntistiche, il movimento si sviluppa in un tentativo di annullamento della tradizionale e netta opposizione tematica, in favore di una visione che favorisca un amalgama dei suoi diversi aspetti formali.
Il secondo movimento, dopo una prima parte dal sapore espressionista, si apre ad un momento fortemente lirico ed evocativo, per poi spegnersi in un’atmosfera di sospensione in attesa dell’episodio finale.
Movimento finale in forma di rondò il cui tema principale (un ostinato derivato dal Preludio n.2 di Chopin), si alterna ad episodi dalla martellante pulsazione ritmica, il cui estro sembra voler riandare a certe istanze di minimalismo americano.
21. Sonatina estiva
Il primo tempo della Sonatina è basato su un tema dall’andamento fluido e scorrevole a cui se ne oppone un secondo costruito su un basso di passacaglia (che sarà poi ripreso nel rondò finale per la stesura di un episodio a sé stante).
Lo sviluppo, essenzialmente basato sul primo tema e sugli elementi esposti nella coda dell’esposizione, conduce ad una stringata ripresa che presenta da subito il secondo tema, e che conclude il movimento con una breve “introduzione” al tempo successivo.
“Capanni sul mare” è il dipinto (1927) di Carlo Carrà che, anni fa, venne a spunto per la stesura di questa melancolica barcarola, dall’andamento ipnotico, costantemente sospeso lungo tutto l’arco del movimento. Più recentemente confluita nella “Sonatina estiva” (da qui l’origine del titolo), quale centrale momento di stasi.
Il Rondò finale è interamente costruito su spunti estrapolati dai due temi del primo movimento, reimpiegati sia per il ritornello che per i due episodi che lo compongono: delle variazioni sul basso di passacaglia ed un tempo di valzer lento.
La composizione si chiude, sommessamente, con una ripresa del già esposto finale del primo tempo.
22. Tarreghiana
L’ossatura melodica del celebre Preludio in la minore del compositore tardoromantico Francisco Tarrega è il tema dato, su cui si sviluppa una serie di variazioni, o, come minuziosamente ho voluto indicare nel sottotitolo, “deviazioni”.
Il tema del Preludio viene infatti variato in maniera fortemente caratterizzata in ogni episodio, mantenendo alla base alcuni aspetti intervallari su cui viene poi a caratterizzarsi il restante materiale tematico, in maniera non troppo nascosta ma nemmeno evidente, se non in alcuni brevi frammenti che riemergono come relitti in diversi momenti del brano.
Il resto della composizione mantiene col preludio una sorta di relazione chiaroscurale, dai contorni sfumati.
Due variazioni, pensate come scherzo, si caratterizzano per una marcata indole ritmica.
In un ampio episodio (guardando a Britten…), ho invece utilizzato le corde a vuoto come pedale su cui innestare il relativo florilegio melodico.
In un’altra variazione ho preferito dispiegare gli intervalli del preludio in maniera cromatica…o volendone dare una diversa lettura quanto più lontana possibile dall’estetica tarreghiana, dodecafonica.
23. Elegia
Altro brano composto in fase di pieno lockdown, questa volta formalmente una fantasia, divisa in tre sezioni.
Ad una parte inziale dal sapore mesto, fa seguito un episodio centrale inaspettatamente mosso, costruito su due elementi: il primo dal carattere martellante a note ribattute, a cui si alterna un secondo tema con carattere di danza, fortemente sincopato ma dal sapore più lieve.
I due elementi si sovrappongono nella parte finale della sezione per ricondurre il discorso ad un terzo segmento, dove gli elementi tematici inziali vengono ripresi ed ulteriormente trasformati.
24. Novembrina –The Anatomy of Melancholy
Brano che nel presente cofanetto vanta la stesura più antica, nonché il fatto di essere uno dei primi di cui potessi, allora come oggi, ritenermi sodisfatto.
Si tratta di uno Studio sulla melancolia nella tonalità di sol♯minore, tonalità che sulla chitarra, attraverso una studiata combinazione con lo scarto armonico prodotto dalle corde a vuoto, assume un colore particolarmente notturno e drammatico.
Il brano è diviso in cinque sezioni, ognuna sviluppante un proprio tema, con quella centrale che funge da incandescente climax della composizione. La seconda parte del titolo “The Anatomy of Melancholy”, è espunta da un fortunato trattato inglese del ‘600, il cui autore, Sir Robert Burton, indaga in maniera estensiva la tematica melancolica e le sue implicazioni a livello filosofico-fisiologico.
25. Trittico del verso agro
Un trittico che inanella alcuni tra i più gettonati “grandi successi” di ogni antologia a sei corde. Pezzi diventati col trascorrere dei decenni e delle interpretazioni talmente conosciuti da risultare stucchevoli nella loro obbligatorietà dalla veste museale.
Da qui l’idea di destrutturarli e di utilizzare alcuni degli elementi più riconoscibili come mutati oggetti, da reimpiegare secondo il dichiarato desiderio sarcastico del compositore.
Verso agro come il sapore che emana dal trittico.
26. Wintergarten
Questo lungo viaggio musicale si conclude con una passeggiata d’addio lungo un invernale giardino di schumanniana memoria.
Il corale inziale, nucleo principale del brano, ritorna come frammento stilistico, sfilacciandosi attraverso un cammino costeggiante molteplici tonalità, e facendosi via via più instabile e scuro.
Interposto tra i restanti singoli episodi, dal carattere mosso e fantastico, che contribuiscono a dare alla composizione una forma che ne giustifichi l’ideale omaggio al visionario compositore tedesco.
Un commiato che vuol essere omaggio alla musica…in ultima battuta, alla sua ineffabilità.