Questo fine settimana ho ricevuto con grande piacere (e con non poca sorpresa, non lo nego) l’esordio alla composizione di Ermanno Brignolo. Si tratta della suite Racconti dalle colline una composizione per chitarra e orchestra omaggio a Cesare Pavese permeata da uno spesso descrittivismo musicale che la rendono originale e fresca.
La suite si articola in sette movimenti e ciascun movimento prende spunto dalle poesie del celebre poeta piemontese.
I – Notturno
In una personalissima visione vicina più ad una concezione Chopiniana che a quella Settecentesca del Notturno, Brignolo regala sì immagini contrastanti ma costantemente legate ad un’osservazione positiva della realtà circostante. Spicca (anche per una maggiore attenzione del compositore al dialogo delle varie sezioni) tra gli episodi il primo tema (“Allegretto grazioso”) che trasporta l’ascoltatore in una dimensione di osservazione musicale pressoché immediata.
II – Estate
Un acquerello che mostra un breve scorcio naturale dove l’oscillare tranquillo di una quieta brezza estiva anima alberi e prati. Il tema è delizioso; spiace non ascoltarne uno sviluppo più profondo e articolato.
III – Mattino
Pur ancorato saldamente ad uno stato d’animo lieto e luminoso, Brignolo abbandona temporaneamente le melodie festose e affida ad un dialogo ben più sobrio (e, aggiungo, ben scritto) ora tra fiati e chitarra, ora tra fiati e archi. Segue un’ampia cadenza (la cui esecuzione metterà sicuramente alla frusta le capacità tecniche dell’interprete) nella quale fanno capolino piccole cellule da distinte sezioni orchestrali. Il finale è una ripresa dell’Allegro Gentile iniziale dove nuovamente i fiati riprendono il ruolo di protagonisti.
IV – Canzone
Indubbiamente la pagina più originale dell’intera suite. Ad una breve introduzione affidata alle percussioni, fa seguito una diabolica scrittura su due voci per chitarra che insiste su figure ternarie e alla quale si accodano pian piano altri personaggi musicali. La chitarra è un’incantatrice che trascina e coinvolge vari strumenti per poi lasciarli soli in un vero e proprio gioco musicale. La seconda parte della composizione, un responsorio tra fiati e archi, riprende cellule del tema enunciato inizialmente dalle sei corde e le trasforma in entità vive e indipendenti e smaschera l’animo danzante e impettito della pagina.
V – The night you slept
Il quinto brano della suite è un tombeau aperto solennemente dagli archi e nel quale la chitarra svolge un ruolo drammatico di triste narratore. La lunga e pensosa sezione solo che segue l’introduzione, è un preludio ad una languida e semplice melodia – intelligentemente affidata all’oboe – nella quale archi, flauto e clarinetto si trasformano in un luminoso sottofondo. La terza sezione è un fitto dialogo tra fiati e archi fatto da piccole cellule tematiche (il richiamo al Notturno iniziale, nella scrittura, è chiaro) i cui sviluppi sono sempre affidati ad un intreccio polifonico mai pesante. La chitarra risuona infine in una amara solitudine a cui la melodia enunciata dal flauto prima e dal fagotto poi cerca di dare sollievo.
VI – La puttana contadina
Gustoso scherzo nel quale l’elemento narrativo (leyenda) e descrittivo cede per la prima volta il ruolo di protagonista allo spirito goliardico e festoso costruito abilmente su una brevissima cellula tematica di tre sole note.
VII – Wind of March
Apoteosi finale del percorso narrativo giunto a conclusione, l’ultimo movimento della suite è un’esplosione di luce e colore che l’autore disegna con originalità e con un pizzico di sfrontatezza dando forma, di fatto, ad una vera e propria fantasia per orchestra. Le immagini sono forti e indipendenti e ad un radioso alternarsi di ora cantabili, ora ritmiche cellule tematiche segue un malinconico ricordo affidato alla chitarra che con una melodia monotona riporta il tutto ad una atmosfera di riflessione, quasi di abbandono.