Henk Badings, uno dei più importanti musicisti olandesi del Novecento, scrisse la raccolta dei “12 Preludes voor Gitaar” nel 1961 su commissione del comune di Amsterdam – non sappiamo se in relazione a qualche evento particolare. La cifra stilistica del compositore, che sa plasmare in forme perfette un’immaginazione musicale incandescente, si manifesta con la ricerca di forti contrasti tra brani a forte impronta ritmica e brani contemplativi: si passa dal primitivismo di Yaya alla rarefatta contemplazione di Utopia, dal continuo virtuosistico dell’Interludio alle raffinate polifonie di Tricinium e della Fuga.
Queste opposizioni non dissolvono però la concezione unitaria della raccolta che, come quelle di Ponce e di Asaf’ev, è stata pensata come un unicum. Badings ha infatti provveduto a garantire la coerenza del suo lavoro ancorandolo, agli estremi, alla stessa sostanza armonica: l’Intrada e il Rasgueado Finale sono infatti varianti di superficie degli stessi, imponenti accordi. È del tutto inspiegabile la mancanza di interesse dimostrata dai chitarristi – d’altra parte sempre pronti a lamentare la scarsità del loro repertorio – nei confronti di questi Preludi, nei quali si amalgamano perfettamente un pensiero musicale alto e stilisticamente raffinatissimo e un impiego proprio e originale dell’idioma della chitarra, esplorato sia nei suoi valori “vocali” che in quelli armonici, contrappuntistici e timbrici.
Qui la mia interpretazione della infuocata danza Yaya tratta dal cofanetto Novecento Guitar Preludes.
Novecento Guitar Preludes è un cofanetto composto da tre volumi contenenti settantacinque preludi per chitarra di autori del XX e XXI secolo. Si tratta del primo tassello uscito nel 2012 (Brilliant Classics) del mio progetto decennale NOVECENTO GUITAR, una serie di pubblicazioni dedicate al repertorio originale per chitarra diviso in Preludes, Sonatas, Sonatinas e Variations.