Il 16 di Agosto del 2018 è scomparsa la grande cantante Aretha Franklin, icona della musica soul.
in ogni parte del globo si sono moltiplicati omaggi alla sua carriera e alla sua musica, con celebrazioni e con – ahimé – cover. Una di queste, svoltasi a Riccione e organizzata da quei grandi professionisti della musica che si celano (benissimo) dietro una radio italiana di cui non farò certo qui il nome – ma i cui contenuti artistici sono inferiori ai rumori dei cantieri edili – una di queste, dicevo, ha visto protagonista un trio composto da Giusy Ferreri, i Boomdabash e gli Street Clerks (tutti italianissimi nonostante i roboanti nomi).
Hanno – ovviamente – fatto una figura barbina. Qualcuno ha scritto da qualche parte “come se Allevi facesse un omaggio ad Arturo Benedetti Michelangeli”.
La performance della Ferreri, in particolare, è penosa sotto tutti i punti di vista ma non è su questo che intendo mettere l’accento. Fino a ieri non conoscevo Giusy Ferreri e non sono in grado di valutare l’operato di una cantautrice da una performance sbagliata.
Il punto, dicevo, è un altro: ho letto un po’ dappertutto di musicisti scandalizzati dell’accaduto (come biasimarli?) ma tra questi compaiono anche una considerevole quantità di chitarristi che si lanciano in lunghe filippiche paramusicali contro la Ferreri. Chi ha studiato un paio di studi di Villa-Lobos e qualche arpeggio di Mauro Giuliani si scopre immediatamente esperto di soul. Costoro dovrebbero avere il buonsenso di guardarsi in casa e scoprire gli orrori perpetuati con le sei corde sulla musica di Johann Sebastian Bach, Modest Mussorgsky, Frédéric Chopin e molti altri.