Joan Manén (1883-1971) fu un grande violinista la cui carriera iniziò in precocissima età. Il suo personale modo di concepire la scrittura musicale è molto lontano dal suo essere concertista: le sue pagine sono molto distanti da costruzioni virtuosistiche o d’effetto ma si concentrano su una dimensione profonda e una investigazione più intima e raccolta. Prima di conoscere Segovia, Manén entrò in contatto con il mondo della chitarra grazie a Francisco Tárrega (1852 – 1909). Purtroppo non fu un incontro confortante e la testimonianza non lascia molti dubbi:
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La terza e ultima volta che vidi Tárrega fu a Barcellona, nella sua casa, quando dovevo avere circa ventidue anni. Una casa editrice musicale mi aveva commissionato il progetto di un’opera pedagogica per chitarra, con la sua collaborazione. Parlammo, parlammo, alla fine, di tutto meno che del progetto che mi aveva condotto là. Le sue parole rivelavano delusione, sconfitta, amarezza e sconforto invincibile. Mi fece ascoltare un arrangiamento di Schumann e mi spiegò una nuova maniera di attaccare le corde che richiedeva ancora più studio, sacrifici, nuovi sforzi. Illusioni tra tante delusioni…Idealismo tra tante crudeli realtà…Poi non lo vidi più.
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Successivamente conobbe Andrés Segovia, figura decisamente più carismatica, e nel 1930 l’editore Schott pubblicava la Fantasìa-Sonata, sua unica composizione per chitarra.
La Fantasìa-Sonata è l’unico esempio del repertorio per le sei corde di “sonata-ciclica” una forma che vede la sua massima espressione nella Sonata in Si minore per pianoforte di Franz Liszt (1811-1886). Al profondo e pensoso corale iniziale – nel quale è esposto tutto il materiale elaborato nell’intera opera – fanno seguito tre sezioni. La prima inizia ex-abrupto con un Allegro di spirito ritmico e marcato dove il registro dello strumento viene sfruttato in maniera quasi completa; l’elaborazione di cellule tematiche a volte anche minime, procede senza soluzione di continuità in una costruzione che mai abbandona l’eleganza e l’agilità compositiva.
La seconda sezione, Adagio cantabile, quasi in modo di un recitativo, ma in tempo, è di meditazione e riflessione. L’autore ripropone gli elementi tematici ma in una metamorfosi nella quale la calda linea melodica è sostenuta da parti accordali.
La terza e ultima sezione è un infuocato Fandango dove gli accenni melodici (quasi dei veri e propri vocalizzi) sono alternati a parti ritmicamente marcate con plaqué e rasgueados. Il brano si conclude replicando la parte inziale con una variazione in coda e spegnendosi sul pianissimo.
Fonte: Forum Italiano di Chitarra Classica
Questo brano è nel mio repertorio dal 2014, anno in cui la registrai; ha fatto parte del programma di sala del mio concerto alla Carnegie Hall.
La registrazione che segue è tratta dal CD Novecento Guitar Sonatas pubblicato da Brilliant Classics nel 2014. È basata sul manoscritto autografo ritrovato da Angelo Gilardino e pubblicato nella collana “The Andrés Segovia Archive” dalle Edizioni Bérben. Le differenze con la versione segoviana sono molteplici e riguardano sia il lato melodico che quello strutturale.