In questi giorni di quarantena, sta girando sui vari social network una campagna promossa da musicisti di vario genere (ma noto una percentuale non indifferente di chitarristi) che, animati da positivo spirito di supporto, si invitano l’un l’altro ad iscriversi ai rispettivi canali di YouTube allo scopo di (cito) “raggiungere 1000 iscritti ed iniziare a monetizzare le visualizzazioni”.
Si tratta di una scemenza, ovviamente. Per una serie di motivi.
Il primo è che se è vero che per la monetizzazione del proprio canale nella della celebre piattaforma di Big G occorrono mille iscritti è anche vero che sono necessarie almeno 4mila ore di visualizzazione negli ultimi dodici mesi. Nell’ambito della musica classica, 4mila ore di visualizzazione in 12 mesi, non è cosa facile.
Superato questo scoglio, è vero, gli incassi arrivano dalle visualizzazioni (millesimi di euro) ma occorrerebbe passare la giornata a guardare i video di cinque/seicento canali per ore per arrivare ad un guadagno medio di 25-30 EUR al mese. (E senza far scendere le ore di visualizzazione, di tutti!, sotto le 4mila). Un gruppo di esseri umani che si ascoltano vicendevolmente per decine di ore per incassare i soldi per un caffè.
Ma ipotizzando di poter superare anche questo scoglio, noto che c’è ancora qualcuno che dopo trent’anni di studio, due di preparazione di tutti i dettagli timbrici ed interpretativi di una Sonata – che so – di César Franck per violino e pianoforte pensa sia possibile possibile raggiungere una tale quantità di visualizzazioni su YouTube (o Vimeo o qualsiasi altra piattaforma di condivisione di contenuti multimediali) che gli consenta di guadagnare qualcosa. È proprio vero: mai sottovalutare il potere della negazione.
Ultimo dettaglietto che vi farà accapponare la pelle: se mandate online un contenuto di una vostra interpretazione di un brano presente in qualche CD già pubblicato, il mostruoso algoritmo di controllo di YouTube intercetta l’onda audio, la paragona con i contenuti protetti e.. BLAM! vi comunica gentilmente che il contenuto che avete pubblicato è protetto dai diritti di autore, anche se il brano è scritto nel Cinquecento, anche se lo avete suonato voi nel vostro salotto. Dovrete avviare una pratica con la quale dichiarate che la registrazione è vostra, che i contenuti sono vostri e che il brano è di pubblico dominio.
Ah, dimenticavo, se il brano è di un autore le cui opere sono ancora protette (non è deceduto da oltre 70 anni) non beccate nemmeno un cent.
Per esempio, la mia interpretazione de “El Arpa del Guerrero” tratta dal Decameron Negro di Leo Brouwer è stata bloccata da YouTube nel calcolo della monetizzazione perché l’opera è registrata in SGAE.
Insomma, non so voi, amici, ma penso vi siano cose più interessanti da fare.
Torno allo studio.
Buona giornata.
(E sveglia!)