Da alcuni giorni su Youtube è presente un video nel quale Stanley Kubrick spiega il finale del capolavoro 2001: Odissea nello spazio. La parte in assoluto più enigmatica del film trova finalmente spiegazione dalle parole di chi l’ha generata. Niente ci impedisce di continuare a cercare infinite interpretazioni ma il video è illuminante.
Si tratta di una breve intervista a cura di Jun’ichi Yaoi, regista che al tempo stava girando un documentario sugli eventi soprannaturali accaduti sul set di Shining; l’intevista – fortunatamente registrata – fu quindi del tutto casuale.
Eccola qui sotto:
Dove ci troviamo nel film: una volta raggiunto il monolite nero che orbita attorno a Giove e dopo aver disattivato Hal9000 che ha ucciso tutti i membri della spedizione, Bowman viene attirato da un buco nero (?) che lo trasporta in una ampia stanza bianca. In questa si osserva invecchiare fino alla nuova visione del monolite a cui tenta di avvicinarsi e toccare. La scena cambia e Bowman è trasformato adesso in un feto che dallo spazio profondo osserva la terra.
«Ho sempre provato a evitare [di spiegare il finale di 2001] sin da quando il film è uscito, perché quando tenti di raccontare le tue idee queste sembrano sciocche, mentre se sono rappresentate cinematograficamente funzionano perché ti limiti a percepirle, ma ci provo. L’idea è che [Bowman] è stato catturato da entità quasi divine, creature di pura energia e intelligenza senza forma o aspetto. Lo mettono in quello che si potrebbe definire uno “zoo umano” per studiarlo, e da quel momento tutta la sua vita la passa in quella stanza, senza avere il senso del tempo. Gli sembra che scorra come accade nel film. Quelle entità hanno scelto quella stanza, che è una replica del tutto inaccurata dell’architettura francese, volutamente così inaccurata, perché credono che egli la possa trovare accogliente, anche se non ne sono sicuri, esattamente come facciamo noi negli zoo con gli animali, a cui cerchiamo di dare quello che noi pensiamo sia il loro habitat naturale. Comunque quando hanno finito con lui, come succede in tantissimi miti di tutte le culture del mondo, [Bowman] viene trasformato in una sorta di essere superiore e rimandato sulla Terra, reso ormai una specie di superuomo. Possiamo solo immaginare cosa accada quando torna indietro. È come funziona la maggior parte della mitologia, e questo è quello che stavamo cercando di suggerire».
Un video preziosissimo per i fan di Kubrick!
Caro Cristiano, non vorrei atteggiarmi a esperto del cinema – non lo sono per niente – ma per me, fin da quando vidi il film di Kubrick appena uscito – il significato della scena conclusiva non fu per nulla arduo da interpretare. Quando il monolito appare per la prima volta dinnanzi alla caverna, il simmio che ne esce e che ha l’ardire di toccarlo viene trasformato in un esemplare più intelligente di quelli della sua specie, tanto che, l’indomani, ha l’intuizione della prensilità manuale e la applica alla tibia, spaccando la testa del campione del branco avverso con il quale è in corso una disputa per l’accesso all’acqua della pozzanghera. Quattro milioni di anni dopo, nulla è cambiato: gettata in aria con un gesto di trionfo dal simmio, la tibia è diventata un’astronave, ma sostanzialmente l’account executive che a bordo della medesima si reca sul satellite per esaminare il monolito da poco scoperto, resta un simmio, evoluto solo tecnologicamente. L’entità che governa il monolito chiama, con il suo improvviso segnale, il nuovo simmio altrove: nel viaggio che segue (bellissima l’idea di commentare il cammino del veicolo spaziale con l’Adagio da Gayaheh di Kachaturian: l’infinito della steppa armena diventa l’infinito del cosmo!) questa entità si serve di HAL (trasparente eteronimo di IBM) per far fuori l’equipaggio, far fuori HAL stesso e isolare David, che, dopo il soggiorno nel buco nero arredato in stile veneziano, si rapporterà all’umanità come il simmio si era rapportato ai suoi simili: e tornerà sulla Terra a farci la festa, giustamente!
Interessante lettura.
La mia interpretazione è fortemente influenzata dalle letture – da dilettante, molto lontano dagli studi – in materia di fisica quantistica e relatività generale e quindi curvatura dello spaziotempo, gravità, orizzonte degli eventi.
L’astronauta, nell’epica scena finale, cade evidentemente in quello che la scienza riconosce come un buco nero ed il monolito è qualcosa che oltre che avere la capacità di usare quei tunnel per viaggiare nello spazio e nel tempo è una forma di energia (dio?) che ha dato inizio a tutto. Chiama a sé esseri viventi di ogni tempo per consentire loro lo sviluppo intellettivo ed il conseguente progredire scientifico. Basta avvicinarsi.
Una volta che l’evoluzione raggiunge un punto di non ritorno, la stessa forma di energia ripristina lo stato iniziale delle cose.
Il feto che si vede alla fine è per me sì un superuomo che ha visto oltre l’infinito ma è anche un nuovo messia (o una immane catastrofe) che riporterà tutto all’inizio.
La ciclicità della natura è per me la chiave di lettura del finale che non ha nulla di arduo in senso stretto ma che consente una infinita serie di interpretazioni che nel mio caso continuano a mutare in base alla mia età, la mia esperienza e le mie letture.
Al traino del tuo pensiero, ti suggerisco di leggere un libro – fortissimamente influenzato dalla matematica – del grande scrittore americano Don DeLillo, intitolato “La stella di Ratner”. Io ne ho afferato il senso filosofico, scientificamente non sono all’altezza, ma tu sì, e credo ti entusiasmerebbe.
Prendo nota. Grazie.